venerdì 12 aprile 2013

La fame di rendimenti

è incredibile la situazione dei mercati esteri e italiani! Ecco come la spiega Il Sole 24 Ore:

L'appetito viene mangiando. La fame di "yield", rendimento, sembra insaziabile. I mercati mandano giù di tutto, voraci, anche i bocconi indigesti italiani impastati di ingovernabilità, recessione e debito: e il Tesoro raccoglie 18 miliardi con titoli da 3 mesi a 15 anni a tassi in calo e domanda solida.
E perchè mai fermarsi qui? I più ingordi sperano anzi che sia l'inizio di un "grande rally". Al di là dello spread tra BTp e Bund, il rendimento assoluto dei titoli di Stato italiani è calato vistosamente dai picchi di fine febbraio e potrebbe scendere ancora: il BTp a tre anni (uno nuovo in asta ieri) lo scorso gennaio sfondata la soglia del 2% rendeva l'1,90% mentre ieri ha chiuso sul secondario attorno al 2,30 per cento. Il BTp decennale può ambire a sforare il muro del 4 per cento. Come arrivare al "grande rally?". È seriamente alla portata? I mercati sono drogati di liquidità e si lasciano andare in slanci di euforia, quando qualcosa va storto (Cipro) lo mandano giù attingendo speranza da quel bicchiere che per ora è sempre mezzo pieno. Ma non sono mercati irrealistici. All'Italia, terzo Pil dell'Eurozona, basterebbe un accordo politico (con qualsiasi nome, governissimo, larghe intese, o grande coalizione) per un Esecutivo che lavori di lena almeno fino a fine anno portando a casa non solo il taglio dei costi della politica e le modifiche alla legge elettorale ma quelle riforme strutturali essenziali per garantire la ripresa economica. Un'Italia che torna a crescere l'anno prossimo, che si impegna per recuperare la competitività persa, che rimette il debito/Pil sulla traiettoria in calo, è un invito a prende posto al tavolo della grande abbuffata di yield. «L'Italia è l'investimento con i prezzi più scontati (the cheapest) tra tutti quelli che seguiamo», annotava ieri Société Générale in un'analisi sul reddito fisso. «Il BTp trentennale rende ancora il 5%, dove lo trovi un rendimento così alto con un rischio più contenuto di quello spagnolo», ha affermato un trader in BTp, convinto che l'Italia non incorpori più quel rischio sistemico che lo scorso luglio - prima che Mario Draghi introducesse le OMTs (acquisti sul secondario di titoli di Stato dei Paesi che chiedono assistenza all'Esm) - aveva fatto schizzare il rendimento del BTp triennale al 5,65 per cento.
L'occasione è ghiotta: quel tempo che le banche centrali hanno comprato, ed è presto a dire se a caro prezzo, è un'opportunità da non perdere.
Qualcosa può andare storto e soffocare il rally, naturalmente. C'è chi teme che esploda il caso della Slovenia, ma il grosso pasticcio di Cipro non è risultato indigeribile. C'è chi si preoccupa per un declassamento dell'Italia: se da un lato è plausibile che le agenzie di rating siano disposte a concedere del tempo all'Italia, dall'altro lato il rischio sovrano italiano ha incassato già la spaventosa raffica di retrocessioni degli ultimi due anni. Quel che mette più paura, in fin dei conti, è il ritorno alle urne questa estate, un'ingovernabilità a oltranza che mandi all'aria le riforme strutturali, peggiorando la recessione e con essa un debito/Pil che intanto invece di scendere, è salito oltre il 130 per cento.
Quel che serve è la discesa di spread e rendimenti dei BTp, un rimedio che può funzionare meglio del taglio dei tassi della Bce perchè arriva diritto al cuore del problema, trascinando all'ingiù un costo del denaro troppo caro per le imprese italiane, PMI per prime. Così in attesa che la politica faccia la sua parte, il Tesoro fa la sua: dal prossimo lunedì si avvia il collocamento del quarto BTp Italia, titolo indicizzato all'inflazione italiana, per il palato del risparmiatore italiano, collocato da un sindacato di banche italiane (Unicredit e Banca Imi lead manager affiancate da Banca Akros e Banca Sella comanager). Se tutto andrà bene, la raccolta potrebbe arrivare a 6-7 miliardi, forse 10, portando il bottino delle aste di metà mese oltre 25 miliardi.

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