martedì 29 ottobre 2013

Banche e social network, un legame destinato a stringersi



Sempre più fondamentale sta diventando il rapporto che dovrebbe esserci tra le banche e i social
network. è quanto emerso da una ricerca condotta da Social Minds. Lo scenario ce lo spiega La Repubblica.

MILANO - L'invasione di attivismo sui social network contagia anche le banche, seppure gli istituti di credito mostrino ancora una certa ritrosia ad aprirsi ai canali del web. Che non solo rappresentano una modalità "smart" e accattivante di comunicazione, in particolare con un pubblico anagraficamente pronto a recepire gli stimoli, ma anche un vero e proprio flusso di raccolta e sviluppo di business. Secondo un'inedita ricerca di Social Minds condotta su 45 banche nei primi quattro mesi dell'anno, poco più della metà (55%) degli istituti di credito ha aperto un social media. La percentuale sale ovviamente alla totalità delle realtà online, ma precipita a due casi su dieci se si guarda all'universo del credito cooperativo.

L'utilizzo di questi canali trova uno spesso muro respingente nel ritardo culturale del Belpaese: nello stesso lasso di tempo, secondo Assinform, gli italiani si sono fermati a un utilizzo dell'e-banking del 21% contro una media europea del 40%. Sul fronte opposto, quello delle banche, quanto il freno sia ancora tirato emerge dal fatto che, tra le 45 intervistate, la mancanza di un budget dedicato ai social media sia dominante. Questo elemento è indicato insieme ad altri spauracchi: i costi di gestione e i rischi legati al contatto diretto con i clienti.

Eppure, chi della presenza sul social ha fatto una bandiera, mostra entusiasmo senza mezzi termini. Un esempio è Giovanni Bossi, a capo di Banca Ifis, che tramite le risposte ricevute via web è giunta addirittura alla definizione "social" di prodotti bancari, come il conto di deposito RendimaxLike o il successivo conto corrente tradizionale. "Si tratta di prodotti nati e cresciuti attraverso la socialità, che è impossibile scindere dal web", spiega l'ad. Con 20mila seguaci tra i principali social network, la banca veneta ha fissato uno snodo nell'evoluzione del rapporto tra clienti e istituzione, facendo dei canali web una via di intermediazione che ha spinto il funding, arrivato a 4 miliardi per i conti di deposito.

E se per loro natura queste tipologie di prodotti portano il costo della raccolta retail a livelli piuttosto elevati, Bossi ricorda che proprio la gestione snella - data dall'assenza di sportelli e dall'utilizzo di canali social e web - permette di aumentare nettamente la "produttività" dei dipendenti. Così la raccolta per impiegato è dieci volte più alta rispetto alle tradizionali filiali; osservazione, in tempi di scontro tra banche e sindacati del credito, che apre alla riflessione sul futuro del modello bancario. La visione di Bossi è netta: "L'impresa bancaria deve recuperare redditività. Le enormi perdite sui crediti non devono essere alibi per non affrontare questi problemi: è necessario imprimere una nuova direzione alle banche, che come modello di azienda devono percorrere una nuova via".

Il passo successivo sarà la trasposizione di queste esperienze sul secondo pilastro dell'attività di intermediazione, l'impiego. Senza fare voli pindarici, ma tenendo ben presente che i rischi sono elevati e non si può prestar denaro con un tweet, Bossi ha mosso i primi passi con le imprese. Ora tocca alle famiglie, in particolare quelle che rientrano nell'area dei Npl (Non performing loans, crediti di difficile esigibilità vantati verso nuclei o persone che hanno sottoscritto finanziamenti e non sono stati in grado di onorarli). "In queste situazioni particolari, dove è in gioco l'estromissione dal sistema finanziario, personalizzare il rapporto tra istituzione e clienti è fondamentale: il canale social può essere ancora una volta un tratto distintivo che caratterizzi il modello di banca che si vuole disegnare".

giovedì 24 ottobre 2013

Visco, il nuovo Tier 1 non penalizza le banche italiane


Milano Finanza tranqulizza la nazione: le banche italiane non saranno penalizzate dalle indicazioni della Bce.

Le banche italiane non saranno penalizzate dalle indicazioni della Bce per valutare gli asset degli istituti di credito. Lo ha assicuirato il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, affermando che le sofferenze delle banche italiane saranno valutate come già viene fatto normalmente. "E a fronte delle sofferenze, ci sono riserve e ci sono soprattutto azioni da prendere da parte delle banche per rendere il sistema più equilibrato e in grado di rispondere", ha spiegato Visco.

Per il governatore di Bankitalia, il nuovo Tier 1 all'8% fissato stamane dalla Bce è un livello giusto che permette di avere un capitale sufficiente per affrontare le difficoltà inattese. "La cosa piú importante", ha aggiunto, "è che sia un esercizio rigoroso e serio che dura il tempo che deve durare, che sia basato su regole uniformi e condotto in modo omogeneo da tutte le banche interessate".

In generale Visco ritiene che il programma della Bce in tema di asset quality review (un gruppo di test per le maggiori banche della zona euro per puntellare la propria credibilità su un controllo che ha l'obiettivo di aumentare la fiducia nel settore bancario) sia un esrcizio serio che permette di controllare tutte le banche della zone euro con criteri omogenei.

"È un esercizio serio", ha concluso il governatore, "che dura un anno. Bisogna affrontarlo con calma, attenzione e rigore. Occorrerà andare in tutte le banche in Europa per esaminarle con gli stessi criteri. E questo è quello che sarà fatto". Intanto le indicazioni dell'Eurotower sulla revisione della qualità degli attivi, che riguarda l'85% del sistema bancario della zona euro, ha scatenato le vendite sul comparto in tutta Europa.
 

Il tema della revisione della Bce rimane comunque centrale nella giornata odierna ma secondo Ken Wattret di Bnp Paribas rimangono ancora alcuni temi da chiarire. Francoforte si è dilungata su obiettivi generici e linee guida, ma ha detto poco su temi specifici. Ad esempio resta da verificare quanto stringenti saranno gli stress test e come verranno armonizzati i criteri di valutazione dei prestiti in sofferenza da parte delle banche.

venerdì 11 ottobre 2013

Il cruccio di Draghi è l'unione bancaria

Come si legge sul Sole 24Ore, è il momento di concentrarsi maggiormente sugli interventi di lungo termine piuttosto che sulla gestione della crisi, sostiene il presidente della Bce Mario Draghi.

Molto attento a non dichiarare che la crisi dell'eurozona è finita, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, è solito ricordare che la ripresa è fragile e ieri ha aggiunto che è possibile che resti «anemica» anche in futuro. Ma dice anche che è il momento di concentrarsi meno sulla gestione della crisi e di più sugli interventi di lungo termine. La priorità delle riforme, dopo tutto, è di creare più occupazione, oltre che stabilizzare i mercati e risanare i conti. «Tutte le parti dell'economia e della società devono beneficiarne», ha affermato ieri a New York.
Ancora una volta, Draghi ha messo sul tavolo le carte già giocate dalla Banca centrale europea, come la politica monetaria accomodante. Ma anche quelle che può ancora giocare: ha citato esplicitamente un altro taglio dei tassi d0interesse, se i mercati non l'avessero capito. E la nuova funzione di vigilanza bancaria, che dovrà finalmente fare luce sui bilanci delle banche. Dando atto ai Governi di aver fatto molta strada sul risanamento dei conti e il recupero di competitività, ha ammonito che la strada delle riforme è ancora lunga, anche se finalmente si vedono segnali di progresso.
Ma il vero cruccio di Mario Draghi in questo momento è l'evoluzione dell'unione bancaria. Se alla vigilanza della Banca centrale europea non si accoppierà un'autorità indipendente e un meccanismo di risoluzione forte, l'unione bancaria rischia di essere un'incompiuta. Che non darà i vantaggi sperati all'economia reale dell'eurozona, con il ritorno del credito, e metterà in dubbio la credibilità della Bce stessa.

venerdì 4 ottobre 2013

La Bce lascia i tassi al minimo storico. Draghi: «Ripresa debole e irregolare»



Il Corriere ci rassicura: "L’instabilità politica italiana meno pericolosa che in passato"

La Bce lascia invariato il costo del denaro che resta così al suo minimo storico. Il Consiglio ha infatti deciso di tenere fermo il tasso di riferimento allo 0,50%. Resta all’1% il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e allo 0% quello sui depositi.

POLITICA MONETARIA - Prima di decidere di mantenerli invariati, il board della Bce ha discusso di un possibile ritocco dei tassi di interesse. «E come l’ultima volta — ha fatto sapere Mario Draghi — alcuni governatori hanno detto che il miglioramento dell’economia non giustificava una tale mossa, altri hanno detto il contrario e alla fine abbiamo deciso di lasciare i tassi al livello attuale. La nostra politica monetaria — ha aggiunto — rimarrà accomodante per tutto il tempo necessario, in accordo con la forward guidance indicata a luglio». Poi il presidente della Bce ha discusso degli indicatori economici dell’Eurozona. Il graduale rafforzamento dei mercati finanziari sta iniziando a trasmettere i suoi effetti all’economia reale e i redditi privati starebbero traendo benefici dalla bassa inflazione. Così almeno ha dichiarato il presidente della Bce, aggiungendo che i rischi per l’economia restano al ribasso a causa di «nuove tensioni geopolitiche, una domanda globale più debole del previsto e un’applicazione insufficiente o lenta delle riforme strutturali nei Paesi dell’area».

ITALIA - Ma la ripresa dell’Eurozona, ha tenuto a specificare Draghi «è debole, fragile e irregolare». I paesi dovrebbero continuare «i loro sforzi per ridurre i deficit e riportare gli alti livelli del debito pubblico in un percorso discendente». Sull’Italia, dove il premier Enrico Letta ha oggi avuto la fiducia dal Senato, Draghi è stato chiaro: l’instabilità politica in Italia e in altri Paesi «può essere negativa per le speranze di ripresa» nazionali ma «non ha intaccato le fondazioni dell’Eurozona come accaduto in passato», grazie alla maggiore credibilità dei conti pubblici e all’intervento passato della Bce. Il messaggio inviato dai mercati all’Italia è una richiesta di «stabilità e riforme» ha detto Draghi, salvo poi aggiungere che paesi come l’Italia devono portare avanti le necessarie riforme prima di tutto per il loro bene piuttosto che per la pressione dei mercati.